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SOFFI DI LIBERTÀ

Il cavallo è un animale intelligente, è l’animale più nobile e generoso di questo mondo, anche solo perché ci permette di salire sulla sua schiena. Il cavallo è il compagno migliore che si possa avere. Compagno perché non è solo un “mezzo” per praticare sport e raggiungere i propri obiettivi, ma è anche un “amico”, l’unico che non ci abbandona mai. L’unico che non ci fa mai sentire soli. L’unico che ci perdona sempre.

Ho ritrovato il mio pensiero nelle parole di vari autori che hanno vissuto nelle epoche passate, come ad esempio Gabriele D’Annunzio.

Al mio cavallo Silvano – Gabriele D’Annunzio

Dalle parole di Gabriele D’Annunzio possiamo capire che lui, nel momento in cui ha scritto questo testo, preferiva il suo cavallo Silvano agli uomini e addirittura anche alla sua amante. Questo perché a volte le persone accanto a noi possono darci delle delusioni, delle sofferenze, cosa che un cavallo non farà mai. 

 

 

La cavalla storna – Giovanni Pascoli

Questa poesia è stata composta da Giovanni Pascoli in memoria del padre assassinato nel suo carro, da autori mai individuati. Per questo, la cavallina storna rappresenta colei che sa ma non può parlare, in quanto proprio lei riportò a casa il corpo senza vita del padre di Pascoli, quindi è l’unica testimone dell’assassinio. Inoltre, in questo testo si ritrova il concetto del cavallo come compagno, in quanto la madre di Pascoli si reca nella stalla e parla con la cavallina storna, e quest’ultima volge il capo verso di lei, come se la ascoltasse.

 

 

 

 

Al mio cavallo Silvano

La cavalla storna

Non è finto il destrier, ma naturale,

ch'una giumenta generò d'un Grifo:

simile al padre avea la piuma e l'ale,

li piedi anteriori, il capo e il grifo;

in tutte l'altre membra parea quale

era la madre, e chiamasi ippogrifo;

che nei monti Rifei vengon, ma rari,

molto di là dagli aghiacciati mari.

L’ippogrifo  Canto IV Orlando Furioso – Ludovico Ariosto

Nel IV canto dell’Orlando Furioso è presente la figura del cavallo, trasfigurato nell’ippogrifo, il quale consente ad Astolfo di dirigersi verso il Paradiso terrestre e lo accompagna poi sulla Luna, per recuperare il senno perduto di Orlando.

La figura dell’ippogrifo venne ideata da Ariosto basandosi sulla metafora latina di Virgilio “incrociare grifoni con cavalli”, infatti è considerato un animale del tutto normale, generato da una cavalla e un grifo.

 

L’ippogrifo, nelle leggende medioevali, è di solito l’animale domestico di un cavaliere o un mago. È considerato un eccezionale destriero, poichè può volare veloce come un fulmine.

Questi riferimenti dimostrano che fin dall’antichità molti autori hanno scritto testi sui cavalli, parlando anche di rapporti che si sono instaurati tra uomo e cavallo. Nel corso dei secoli si è continuato a scriverne, e questa “usanza”, se così si può chiamare, non è mai andata perdendosi. Infatti, ancora oggi si continua a scrivere testi e libri che parlano dell’animale nobile che è il cavallo. Un chiaro esempio è il libro “Soffi di libertà” – Patrizia Carrano, Maria Lucia Galli, Dacia Maraini, Paola Mastrocola, Sandra Petrignani.

L’incontro – Maria Lucia Galli

Nella prima storia è evidente il rapporto di fiducia che viene a crearsi nel binomio uomo – cavallo, dimostrato dal cavallo Aśvas che si avvicina al ragazzo nella foresta e, scrutandosi a vicenda, i due stringono una particolare amicizia.

“La curiosità reciproca si trasformò in amicizia.”

Discorso evidente anche quando il ragazzo viene risucchiato dalla corrente e il cavallo lo trasporta fuori dall’acqua, salvandolo.

Inoltre, è dimostrato anche che, spesso, il cavallo può essere considerato il compagno migliore che si possa avere, il compagno che, a modo suo, più ti capisce, grazie alla frase: Non era tanto la velocità nella corsa ad affascinarlo, quanto quella misteriosa facoltà di comprendere i suoi stati d’animo, di prevenire i suoi pensieri.”

 

 

Il ponte di Panchià – Sandra Petrignani

A volte, chi sta accanto ai cavalli, li considera come “coloro che ci salvano”, proprio come nel caso della seconda storia, in cui una bambina, bloccata sotto un ponte a causa di una tempesta, trova aiuto in un cavallo, che la riporta a casa sulla sua groppa.

 

 

La signorina Egle – Patrizia Carrano

La terza storia è tratta da un fatto realmente accaduto, e per questo, a mio parere, conferma quanto detto riguardo le storie citate prima. In questa storia è evidente il rapporto che si instaura tra uomo e cavallo, rapporto che appartiene a loro e a nessun altro.

Arlecchino, il più veloce trottatore italiano a fine 1800, era solito agitarsi al termine di ogni corsa, e nessuno riusciva a calmarlo, tranne la signorina Egle, la sua proprietaria. Lei gli parlava, gli sussurrava con la sua dolce voce, e così lui si tranquillizzava.

“Quando la corsa era finita si calmava soltanto se la signorina Egle, accettati in fretta i complimenti per la vittoria del suo campione, arrivava da lui: bastava gli s’avvicinasse e subito il cavallo si rilassava. […] la tensione che fino a quell’istante aveva animato il suo mirabile intreccio di muscoli s’allentava.”

Ciò accadeva anche quando i fotografi tentavano di fare qualche scatto ad Arlecchino: lui si agitava, ma appena arrivava Egle lui si calmava.

“Le bastava stringere un po’ le dita e soprattutto ricominciare a parlare, più un mormorio che un discorso, un mormorio confidenziale, sussurrato, perché lo stallone si chetasse nuovamente. […] Quel mormorio dolce e sommesso che aveva il potere di mandarlo in estasi.”

Arlecchino, per Egle, era proprio un confidente, il suo miglior compagno. Quando morì il barone Roggieri, fidanzato di Egle, lei trovò conforto proprio in Arlecchino, e anche in un altro cavallo.

“Alla notizia della sua morte Egle non pianse: andò in scuderia, s’accoccolò fra le balle di paglia, vicino ai box di Novelli e di Arlecchino, e cercò consolazione nella compagnia di quelle creature. […] E si sentì un po’ meno triste.”

 

 

La rinascita di Orlov – Dacia Maraini

Da un lato c’è chi ha tanto amore per i cavalli, ma dall’altro, purtroppo, c’è chi li “usa” soltanto per i propri fini. Spesso, quando “non servono più”, vengono destinati al macello, piuttosto che essere lasciati in un enorme prato a godersi la meritata pensione. Fortunatamente, però, a volte il loro destino cambia lungo la strada verso il macello, perché qualcuno li salva. Ne è la dimostrazione la protagonista della quarta storia, che ha salvato la vita di un vecchio cavallo da circo.

“In pochi mesi Orlov è rifiorito. Ha messo su carne, ha fatto gli occhi scintillanti, gli sono scomparsi i bozzi che aveva sulla testa per via del continuo sfregare delle corde al palo.”

 

 

Monologo del cavallo laterale – Paola Mastrocola

Quanto detto prima, riguardo la quarta storia, si ritrova anche nella quinta, questa volta visto dagli occhi del cavallo. Si tratta di un cavallo che viene abbandonato in quanto il soldato, suo padrone, fa ritorno da una donna, probabilmente immaginaria. Qui è mostrato il sentimento del cavallo, il dolore che prova a sentirsi solo, abbandonato; e per questo decide di non andarsene, di restare, perché ormai è affezionato al suo padrone, e preferisce lui alla libertà. Questo dimostra, come detto finora, che nel binomio uomo – cavallo si crea un rapporto di reciproca amicizia.

“Sarò il cavallo laterale… […] Laterale amico, vuol dire al tuo fianco… Non ti mollerò mai più, sarò il pensiero che ti sfianca…

Tu sì che non sarai mai libero: non sarai mai libero da me.”

 

Il cavallo e il

 

suo rapporto

 

con l'uomo

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